Nome volgare
Acero campestre
Nome latino
Acer campestre
Famiglia
Aceraceae
Caratteristiche
Albero o alberello con fogliame deciduo; chioma larga, densa e tondeggiante, di colore verde carico;
tronco eretto, sinuoso, presto ramificato; la corteccia di colore grigio-rosa, spessa e compatta, presenta numerose
screpolature, che intersecandosi individuano tante placchette rettangolari; quella dei rami è perfettamente liscia
e rossiccia. Può raggiungere l'altezza di 20 metri.
Foglie
Lamina spessa, palmata, lobata, con tre-cinque lobi profondi fino a circa metà della sua
superficie, ottusi non dentati o con un dente per lobo; la pagina fogliare superiore è lucida, verde scuro, quella
inferiore più chiara e pubescente.
Fiori
Giallo-verdastri in corimbi eretti. Fioritura in aprile-maggio, contemporanea alla comparsa delle
foglie.
Frutti
I frutti sono disamare dapprima rossastre, poi giallo-brunastre, con ali opposte, divergenti a 180°.
La base ingrossata contiene il seme. Quando cadono, le samare ruotano come eliche.
Habitat
Predilige i terreni ricchi di sostanze nutritive, non troppo acidi e con sufficiente umidità.
Spontaneo e molto diffuso in tutto il territorio italiano - escluse le zone più calde e aride - in boschi di
latifoglie, siepi e terreni coltivati; preferisce un clima temperato.
Utilità
Il legno dell'acero campestre è resistente e facilmente lucidabile, è molto ricercato
per la produzione di oggetti di qualità, si usa per le fasce laterali e i manici dei violini (anche Stradivari ne
faceva uso). Trova impiego anche nella fabbricazione di attrezzi agricoli, regoli, calci di fucili, piccole sculture,
bastoni da passeggio e stecche da biliardo.
Osservazioni
Ha dimensioni ridotte e talvolta assume un portamento cespuglioso. Si distingue dagli altri aceri per
il colore rossastro dei giovani rami, per le infiorescenze giallo-verdastre erette, le foglie a lobi non dentati, e per
le samare completamente divergenti, opposte. In autunno le foglie prendono una vivace colorazione giallo-oro.
Insieme all'olmo, in passato era la specie più utilizzata nella coltura della "vite maritata",
fatta cioè arrampicare su un albero vivente potato allo scopo, perchè è in grado di sopportare
potature notevoli ed ha una capacità di crescita molto lenta.
Il maggiolino, Melolontha melolontha, si cibava delle foglie di questa specie e le sue larve
sotterranee ne distruggevano le radici; oggi questo insetto si trova raramente nella nostra zona.