La Lomellina incominciò ad essere frequentata in tempi antichi, molti secoli prima di Cristo, da alcune tribù appartenenti a diversi ceppi etnici. Queste popolazioni (in particolare quella celtica) si organizzarono e diventarono molto forti, a tal punto da respingere alcuni tentativi di invasione e da muoversi addirittura contro Roma; vennero però sconfitti (222 a.C.) ed il territorio fu occupato dalle truppe romane. Il passaggio di Annibale restituì la libertà alle popolazioni celtiche; nel 218 a.C., dopo l'incredibile traversata delle Alpi con gli elefanti, Annibale giunse in Lomellina e sconfisse l'esercito romano del console Scipione; secondo alcuni storici la battaglia avvenne tra Garlasco e Gropello.
I Romani si ripresero la Lomellina con le armi, dopo alcuni sanguinosi scontri tra il 197 ed il 191 a.C. Dopo pochi anni, alcuni popoli provenienti dalla Danimarca scesero in Italia, invasero le nostre terre e si scontrarono con l'esercito romano nella battaglia dei "campi Raudii", che avvenne tra Candia e Robbio nel 101 a.C.; malgrado la differenza numerica, i romani ebbero la meglio.
Alla fondazione dell'impero romano fecero seguito, per la nostra terra, alcuni secoli di tranquillità e la Lomellina conservò per lungo tempo anche le proprie tradizioni. I Romani lasciarono accampamenti fortificati lungo le principali vie di comunicazione; col passare del tempo i componenti di queste guarnigioni militari, con famiglie al seguito, si insediarono stabilmente, acquistarono terreni e costruirono abitazioni, dando vita a villaggi meglio organizzati.
Non sono molte le notizie dell'origine del Cristianesimo nel nostro territorio. Si presume che fece la sua apparizione, in forma clandestina, nel III secolo; una certa diffusione capillare avvenne nel secolo successivo, dopo l'editto di Costantino del 313, dal momento che in quegli anni il primo vescovo di Pavia, San Siro, predicò in lungo e in largo per la Lomellina.
Gli anni che precedettero la caduta dell'impero romano (476) furono traumatici per la Lomellina, che subì l'onda d'urto delle invasioni dei barbari, popoli nordici, di proverbiale malvagità, che misero "a ferro e fuoco" la nostra terra. Dapprima i Visigoti, poi gli Unni, i Vandali, gli Eruli, gli Ostrogoti, i Borgognoni, fecero della nostra terra un deserto.
La sospirata pace arrivò, dopo 150 anni di stragi, nel 568, con la comparsa dei Longobardi: questi, con a capo Alboino, scesero in Italia e posero a capitale Pavia. Per la Lomellina ebbe inizio un periodo glorioso. Lomello assunse grande importanza, tanto da estendere il proprio nome all'intero territorio, venne munito di castello e diventò capoluogo della regione. Qui con ogni probabilità avvenne il celebre matrimonio tra la regina Teodolinda ed Agilulfo.
Dopo due secoli, però, proprio la Lomellina diventò teatro della fine dei Longobardi; nel 773, infatti, i Franchi di Carlo Magno scesero in Italia e, dopo una storica battaglia, sconfissero il re Desiderio nel luogo ove ora sorge l'abbazia di Sant'Albino, a Mortara. Carlo Magno introdusse in Lomellina il regime feudale, suddivise il territorio in "Comitati", affidati ai Conti e per il nostro territorio si aprì un nuovo periodo di pace.
Ma, all'inizio del X secolo, un'altra minaccia incombeva ancora: da est scesero orde ungheresi che, dopo alcuni tentativi, fecero terra bruciata in Lomellina. Passata la tormenta, fu la Chiesa che raccolse i dispersi. In quegli anni, a Breme, i monaci benedettini, in fuga dalle scorrerie dei Saraceni, fondarono un ordine monastico e costruirono una Abbazia destinata a diventare una potenza, occupando il terzo posto di importanza nell'impero.
Inoltre la penetrazione religiosa che si verificò tra X e XI secolo fu di decisiva importanza per lo sviluppo della Lomellina; oltre ai Benedettini, arrivarono anche altri ordini, primi fra tutti i Cistercensi, che lasciarono tracce indelebili. Alla loro opera si dovette la bonifica del territorio, per vasti tratti paludoso; i terreni acquitrinosi vennero drenati e prosciugati e le acque in eccesso smaltite da una serie di canali che favorì così lo sviluppo dell'agricoltura.
E proprio in quegli anni attraverso la Lomellina iniziarono a transitare numerosi pellegrini, in viaggio verso Roma, percorrendo l'importantissima strada che collegava la "città eterna" con le regioni del nord Europa, la cosiddetta via "Francigena" o "Romea".
Per difendere meglio il territorio, in questo periodo i Conti costruirono numerosi castelli, rocche, torri di guardia distribuite capillarmente: fortificazioni destinate in gran parte a scomparire nel corso delle vicende belliche successive.
I secoli seguenti videro la nascita dei liberi comuni e numerose guerre combattute tra Milano e Pavia sulle terre lomelline, fino alla definitiva resa di Pavia. In particolare i milanesi invasero a più riprese il nostro territorio, distruggendo tutte le fortezze esclusa quella di Vigevano, da sempre alleata con i milanesi.
Alla fine del XIII secolo a Milano subentrò la signoria dei Visconti, che fece del nostro territorio il luogo preferito per gli svaghi di corte e per l'attività venatoria, favorita dalla ricchezza di selvaggina che brulicava nelle foreste di querce. Ai Visconti subentrarono poi gli Sforza (1450), e, per tutto il nostro territorio, ebbe inizio un'epoca serena, che diede un forte impulso all'arte. Vennero costruiti e ripristinati numerosi castelli, con funzione non solo difensiva, ma anche residenziale; molti borghi si svilupparono notevolmente e numerose famiglie di nobili milanesi scelsero proprio la Lomellina per costruirsi una residenza di campagna.
Sempre in questi anni, in Lomellina venne introdotta, primo esempio in Italia, la coltivazione del riso. Grande diffusione ebbe anche la coltivazione del gelso, le cui foglie sono indispensabili per l'allevamento del baco da seta; proprio la produzione della seta per quattro secoli fu la maggiore fonte economica della zona.
Nel 1500 Luigi XII re di Francia scese in Italia e prese possesso anche della Lomellina, che unì al regno francese. Dopo varie traversie, a questi subentrarono, nel 1535 gli Spagnoli, che rimasero in Lomellina per quasi due secoli, fino al 1713. Benché la Lomellina fosse inglobata nel ducato spagnolo di Milano, la sua posizione di confine la espose ai continui passaggi degli eserciti spagnoli, francesi, piemontesi e poi austriaci; se a questo aggiungiamo la grave epidemia di peste del 1630, è facile immaginare la desolazione e le disastrose condizioni economiche del nostro territorio.
All'inizio del XVIII secolo l'Austria, alleandosi con il duca di Savoia, sconfisse i Francesi e gli Spagnoli; dopo lunghe trattative, concesse ai Savoia prima la Lomellina (1713) e poi Vigevano (1745). In questi anni poté svolgersi un'illuminata politica riformistica e venne riorganizzata l'amministrazione, e per le nostre terre seguirono diversi anni di pace, che permisero finalmente di vedere campi razionalmente coltivati, l'aprirsi di nuovi canali ed il netto miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.
La bufera rivoluzionaria, scatenatasi nel 1789 in Francia, ebbe una grave ripercussione anche in Italia, specialmente nella regione piemontese, invasa ed occupata militarmente da Napoleone nel 1798. Il Piemonte perdette la sua indipendenza e venne aggregato alla Repubblica Cisalpina, mentre la Lomellina, nel 1801, venne aggregata alla Repubblica Italiana, fino al 1805, anno in cui Napoleone assunse il titolo di imperatore dei francesi e re d'Italia. Dopo la sconfitta subita da Napoleone il 4 maggio 1814, la Lomellina e Vigevano tornarono a riunirsi al Piemonte. L'Austria però era alle porte; dapprima invase Lomellina e Piemonte, poi si ritirò e lasciò guarnigioni lungo il Ticino, che causarono guai e gravi danneggiamenti. Le truppe austriache sgombrarono il nostro territorio nel 1816. Dopo i moti rivoluzionari del 1821 gli austriaci, per desiderio del re, mantennero guarnigioni a Vigevano.
Nel periodo storico che giunge alle guerre di indipendenza lo stato di floridezza delle finanze permise a Carlo Alberto di incominciare, nel 1854, la costruzione della ferrovia Genova-Milano attraverso la Lomellina; Mortara, Vigevano e i paesi per cui passava ne furono notevolmente avvantaggiati.
Dopo le gloriose cinque giornate di Milano del marzo 1848, i piemontesi di Carlo Alberto passarono il Ticino a Pavia, ma le sfortunate vicende belliche successive costrinsero il re a ritirarsi a Vigevano ed a chiedere l'armistizio. L'anno successivo, alla ripresa delle ostilità, dopo un primo scontro a Cava Manara, le truppe austriache comandate dal vecchio generale Radetzky sconfissero i piemontesi in due sanguinose battaglie, alla Sforzesca (il 21 marzo) e a Sant'Albino di Mortara (il 22 marzo). L'infausta giornata di Novara determinò l'abdicazione di Carlo Alberto il 23 marzo 1849.
In quegli anni emerse il genio politico di Cavour, che dedicò alle nostre terre cure particolari, incrementando la pioppicoltura e la risicoltura, al fine sia di migliorare il livello economico della zona, sia per creare difficoltà naturali agli eserciti nemici.
Le ostilità tra le due potenze ripresero nel 1859, allorché l'armata austriaca invase il Piemonte. L'avanzata del potente esercito austriaco venne però fermata, in Lomellina, nello scontro decisivo che avvenne tra il 30 ed il 31 maggio a Palestro, teatro della famosa e cruentissima battaglia con cui i piemontesi sconfissero duramente gli austriaci. La Lomellina era definitivamente sgomberata.