Usi e tradizioni, nella nostra civiltà contadina, furono per molto tempo trasmessi di generazione in generazione, attraverso ammaestramenti orali o scritti o più semplicemente mediante la consuetudine.
E' praticamente impossibile ricordarli tutti, ma proviamo a citare quelli più popolari e forse anche più singolari.
Quando stava per scoppiare un forte temporale si correva, al primo fulmine, a prendere due rametti d'ulivo (rimuliva) che era stato benedetto e distribuito in chiesa la domenica delle Palme e li si disponeva a croce nel cortile, a poca distanza dall'uscio di casa. Se appariva imminente il pericolo di una grandinata il parroco si affrettava a suonare, in segno di protezione, le campane a distesa.
Per guarire le malattie, soprattutto quelle infantili, si faceva ricorso ai "sgnön". La cura consisteva nel segnare con una croce, da parte delle "praticone", la zona ammalata, dopo aver recitato l'Ave Maria ed il Pater Noster e pronunciato la formula di rito.
Per curare il raffreddore (infargiù) si utilizzavano i vapori (füm) di camomilla prodotti attraverso la combustione; l'ammalato faceva convogliare i vapori verso le narici, tenendosi un asciugamano sul capo. Quando si voleva calmare il dolore provocato dalla puntura di un'ape (àvia) e di una vespa (martiné) si faceva il segno di croce con la fede nuziale (véra) sulla parte dolorosa. Per combattere l'orzaiolo, piccolo foruncolo localizzato sul margine della palpebra, si guardava per tre mattine consecutive con l'occhio ammalato dentro la bottiglia dell'olio.
Se si smarriva un oggetto ci si rivolgeva a Sant'Antonio da Padova con la seguente invocazione: "Sant'Antoni dla barba bianca, fim truè cul ca manca".
Durante il periodo della Passione (giovedì, venerdì e mattina del Sabato Santo) le campane venivano legate in segno di lutto; l'unico suono permesso era quello della gringraiä, ovvero della raganella, strumento di legno che, opportunamente roteato, produceva un suono caratteristico.
Per propiziare il buon esito dei raccolti della terra si effettuavano le rogazioni, ovvero delle processioni attraverso i campi.
Per macellare il maiale si usava aspettare il periodo di luna calante; l'imbottigliamento del vino doveva invece effettuarsi in primavera, in giorni di luna calante (lüna böna) e con il tempo sereno, perché altrimenti poteva diventare torbido (tùlbar).
In vista del matrimonio lo sposo doveva preoccuparsi della costruzione del letto, oltre che del materasso di paglia (paiàs) e della coperta di lana; competeva invece alla sposa il letto di piuma (pisön) e tutta la biancheria.