La coltivazione del frumento è diffusa in tutto il mondo ed è legata alla storia dell'agricoltura di ogni Paese. Da oltre duemila anni, da quando il vomere dell'aratro era ancora costituito da un cuneo di pietra naturale, esistevano già nel nostro territorio alcuni appezzamenti a frumento. Per la coltivazione di questo cereale, chiamato anche grano, così come per quelle del miglio, della segale e dell'orzo, i sistemi di lavorazione della terra erano praticamente identici; inoltre non era necessaria alcuna pratica di irrigazione artificiale, anche perché, dopo la semina, che avveniva in autunno, la stagione in cui avveniva la fase più importante della vegetazione era l'inverno, al quale faceva seguito, in marzo e aprile, la piovosa primavera.
Fino al secolo scorso, tutti i lavori relativi alla coltura del frumento, dalla semina, al raccolto, alla trebbiatura, venivano eseguiti manualmente. Ma all'inizio di questo secolo, anche se si continuò l'uso della falce messoria per il raccolto, furono inventate le prime rudimentali trebbiatrici, alle quali nei successivi decenni seguirono mietitrici-legatrici, finché si arrivò all'impiego delle attuali moderne mietitrebbiatrici.
L'essiccazione veniva fatta sulla medesima aia che si utilizzava normalmente per il riso e per il mais, ma raramente essa si rendeva necessaria per il grano, in quanto si effettuava il raccolto nel periodo più caldo dell'anno, tra la fine di giugno e la metà di luglio.
Per le condizioni climatiche del nostro territorio, e in generale nel nord Italia, si coltivave il grano tenero o da pane, mentre al sud il grano duro o da pasta. Dalla granella si ricavava la farina bianca da pane, mentre la parte residua della pianta, detta paglia, veniva pressata in balle cilindriche e impiegata per uso zootecnico.
Nella stagione della raccolta i campi di grano maturo, con il loro effetto cromatico, erano uno degli elementi più espressivi del nostro paesaggio agreste. Da diversi anni, ormai, in Lomellina la coltivazione del grano è divenuta scarsamente remunerativa, ed ha lasciato il posto a quelle del riso e del mais.